PASTORI, POETI, CANTORI
L’origine del canto pastorale
Il canto ha un ruolo cardine nella narrazione della vita agropastorale, ruolo che si fa ancora più importante in un momento, come quello attuale, in cui anche il racconto e il recupero delle tradizioni orali sono risorse preziose per rigenerare un’identità individuale e comunitaria, superare l’impasse attuale e immaginare un progresso professionale e intellettuale, stimolato anche da innovazioni e nuove tecnologie.
Alla necessità di narrare e tramandare storie in Alta Sabina si è risposto quasi sempre, oltre che con le ballate narrative, con le forme tipiche della poesia improvvisata in rima: ottave per sola voce, terzine e quartine che nell’area di Amatrice sono accompagnate dallo strumento tipico, le ciaramelle. Sono altrettanto interessanti, le forme di canto di lavoro femminile: gli stornelli delle lavoratrici della monda dei cereali e il caratteristico lamento funebre di Amatrice, praticato fino alla confinante alta valle dell’Aterno, nella provincia aquilana (Susanna Buffa).
La rivitalizzazione del canto tradizionale
A partire dal 2014, il lamento funebre e i canti bivocali sono riemersi dagli archivi per essere riproposti nell’ambito di incontri e manifestazioni culturali a beneficio della popolazione, sia prima, sia dopo il sisma. La prima esecuzione dal vivo, in ambito di performance, degli stornelli di lavoro femminili si deve al trio Fiordispina che, nell’agosto del 2015, li ha riproposti in occasione di un concerto a Cornillo Nuovo di Amatrice. Dai primi anni Ottanta e per diversi decenni non si era più fatto riferimento a quegli esempi di musica vocale femminile dell’Alta Sabina, dove più noto e praticato è sempre stato il canto dei poeti improvvisatori. A seguito della grandissima emozione e dell’interesse suscitati dall’esecuzione di queste forme vocali, altre performance sono seguite dopo il terremoto in occasioni create dall’associazione di cittadine “Casa delle donne di Amatrice e frazioni”, col coinvolgimento del gruppo di musiciste folk Cantiere Terre Donne. La riscoperta di quei canti ha generato un forte impulso a riscoprire e nutrire un senso di appartenenza alla comunità che sembrava smarrito a seguito del sisma (Susanna Buffa).
Canti e transumanza
Ancora più dettagliata è la narrazione della vita e delle giornate di lavoro dei transumanti e dei pastori giunta da quella che, nell’area di Amatrice e dell’alta valle dell’Aterno, è senza dubbio la forma espressiva prediletta dagli abitanti e dagli appassionati di tradizioni popolari: la poesia improvvisata in rima. Gli studi più attendibili fanno notare come il campo di azione dei poeti pastori si estendesse spesso ben oltre l’amatriciano, arrivando a comprendere parte delle province de l’Aquila, di Teramo, di Ascoli Piceno, fino alla provincia di Terni; sappiamo inoltre che quest’arte musicale e poetica arcaica è ancora molto viva nella bassa Toscana e che manifestazioni più sporadiche sono presenti anche nelle Marche e in Molise. Sul canto a braccio cui erano dediti i nostri pastori, che ha costituito un fenomeno tra i più significativi in ambito di espressività popolare e contadina in centro Italia, si è scritto molto, spesso facendo riferimento alla profonda conoscenza che i poeti pastori avevano dei repertori poetici classici e contemporanei, come pure alla straordinaria profondità della loro cultura libraria che li poneva in una posizione quasi elitaria all’interno della comunità contadina.
Ciò che è più interessante rilevare è la narrazione della quotidianità del pastore che avviene attraverso il poetare in rima, sia in ottava che in terzine e quartine concatenate – come in questo esempio di ottava del poeta pastore Berardino Perilli di Campotosto, l’Aquila:
Non conosce né Pasqua né il Natale
Né il Ferragosto e manco il Capodanno:
Il povero pastor la passa male,
A quanto pare, tutti i dì dell’anno.
Soffre se si scatena un temporale
Della calura sentirà l’affanno
Sotto l’acqua, la neve, il vento e il gelo
Lui deve sopportar l’ira del cielo (Susanna Buffa)
In cerca d’un’altra fontanella
Che si tratti di rendere realisticamente la vita dura e la sofferenza date dall’isolamento cui erano costretti i pastori per molti mesi all’anno, oppure di dire della centralità che la poesia e la cultura poetica classica avevano nelle loro vite o della difficoltà di trovare talvolta l’ispirazione poetica, la poesia improvvisata in rima riesce sempre a ritrarre fedelmente un’epoca lontana e a presentarci i tempi, i ritmi, le visioni, i colori, i sentimenti legati al contesto e al rapporto simbiotico del pastore con il gregge e con la montagna
Vado in cerca d’un’altra fontanella
sperando per un esito migliore
ma inutilmente trovo in questa o in quella
lo spunto adatto a ritorna’ cantore
m’abbandono sull’erba tenerella
di queste prata dove fo’ il pastore
ma qui invece di Clio di Melpomène
è il sonnifero dio che mi trattiene
Il canto a braccio
Del canto a braccio oggi restano occasioni slegate dalla funzione pastorale – seppure di vera funzione non si potesse parlare neanche in passato, essendo il poetare in rima un’attività svolta nei momenti di pausa o di riposo, in osteria o al rientro alla comunità e al proprio villaggio. Le occasioni del nostro tempo sono invece quelle della performance di fronte a un pubblico. Il dialogo cantato, il contrasto, la gara poetica sono opportunità offerte nel corso di manifestazioni estive che resistono sul territorio, pur a seguito dei sismi recenti: la festa della Madonna della Neve a Bacugno e il Festival di canto a braccio di Borbona, entrambi in area amatriciana, provincia di Rieti, nonché il Festival delle Ciaramelle di Amatrice. Proprio a seguito del disastro sismico recente, è stato possibile osservare come le occasioni del canto e della musica popolare possano travalicare i confini spazio-temporali per rispettare soltanto quelli della natura, che i suddetti confini ignora, rafforzando il legame tra passato e presente ed evidenziando le ricorrenze storiche, come quella del terremoto:
(…) Dal terremoto Norcia più non crolla
Perché sappiamo che racchiude in ella
L’effige di una vergine beata
Che da un tal don Mattia le fu lasciata.
Spesse volte è violenta la natura,
l’uomo deve affrontare aspre battaglie;
ci vuole tanta forza e somma cura
per le placche tettoniche e le faglie.
Con una forte antisismica struttura,
però deve scordar l’opre canaglie:
rovinosa è la sismica energia
a seconda della geomorfologia.
Festa e ciaramelle
La festa era sempre allietata dalle voci e dai suoni degli strumenti tradizionali – su tutti quelli prodotti dalle ciaramelle di Amatrice, strumento principe della tradizione musicale popolare amatriciana che in questo veloce excursus sui suoni del territorio non è possibile tralasciare.
Le ciaramelle rappresentano quanto di più antico, nobile, complesso e affascinante nella famiglia delle zampogne italiane e sono state definite da Febo Guizzi un vero e proprio monumento, “altissima espressione artistico culturale” di questo territorio. Oltre ad essere un unicum per le caratteristiche organologiche e timbriche e per il peculiare repertorio, sono fedeli compagne del pastore in alpeggio, emblema del suo rapporto con l’animale (l’otre è ricavato da una pelle di pecora intera) e di un’espressività legata all’ambito professionale. Gli studi approfonditi di Giancarlo Palombini su questo strumento hanno affrontato con chiarezza e dovizia di informazioni il repertorio delle ciaramelle, assieme alle funzioni e alle occasioni del loro impiego, dando prova del carattere ipnotico del loro suono e di una duttilità che ne consente ancora oggi un uso sia solistico, sia di accompagnamento al canto in rima (Susanna Buffa).
Il ‘canto a ciaramelle’, forma espressiva di appartenenza esclusiva dell’Alta Sabina, è in effetti la sintesi perfetta di un’espressività pastorale che in questo territorio oggi rivive. Dopo l’ultimo terremoto, anche musicisti e cantori giovanissimi, sostenuti dagli autorevoli anziani ancora attivi, hanno rinverdito e diffuso abilità che comprendono il virtuosismo strumentale e artigianale (la costruzione degli strumenti), il canto e la cultura storica e di attualità dei musicisti e dei poeti pastori. Ancora oggi questi uomini continuano a narrare un contesto rurale temporalmente distante, reinventando al contempo nuove forme di pratica artistica e professionale e poggiandosi sulla struttura dell’ottava rima per raccontare il presente. Perché è solo conservando un buon rapporto col passato che è possibile ricostruire un presente e immaginare un futuro (Susanna Buffa).