Oggi possiamo indicare con buona approssimazione alcune delle “arterie” principali di questa viabilità fondamentale, fin dall’antichità, che ha sempre coinvolto direttamente le valli dell’Appennino Centrale. La via più remota, attestata dalle fonti classiche e dall’archeologia, è quella che attraversa gli Appennini da nord a sud, lungo percorsi di ‘mezza costa’ e di cresta: è la via che dalla pianura romagnola risale, con diversi itinerari, le valli fino a Urbino, Fabriano, Camerino, ai valichi di Colfiorito di Foligno, per Pieve Torina e Visso, percorre i valichi dei Monti Sibillini, fino a Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto e Leonessa. Da Leonessa il tracciato, ancora perfettamente praticabile, supera i Monti Reatini, a Cima di Monti e a Passo La Fara, per raggiungere la Piana Reatina. Anche da Leonessa, come a Norcia e Cascia, c’era l’opzione del percorso orientale verso L’aquila: in questo caso attraverso la via di Posta, Borbona, Montereale e Amiterno.
A Rieti gli antichi percorsi pastorali si dividevano: a meridione verso la Campagna Romana; a occidente per le Maremme; a oriente, attraverso quella che in epoca romana fu la Via Claudia Nova, ci si collegava ai tratturi che dall’Abruzzo aquilano portavano al Tavoliere di Puglia. Proprio nella Piana Reatina questo antico percorso intersecava quella che nel medioevo era detta La Via degli Abruzzi: la lunga arteria univa Firenze a Napoli, passando per Arezzo, Perugia, Foligno, Spoleto, Arrone, Rieti, Antrodoco, L’Aquila, Popoli, Sulmona, Castel di Sangro, Isernia e Capua. Sulla Via degli Abruzzi confluivano i tratturi principali e secondari che collegavano gli opposti versanti dell’Appennino. Una via antica, che rifuggiva dai tracciati costieri, malsani e insicuri, a causa delle paludi e dei pericoli di esondazione dei principali corsi d’acqua; e seguiva invece i tratturi dei pastori transumanti, utilizzati anche dai traffici commerciali in genere e dai pellegrini (Roberto Marinelli).
L’altro asse viario fondamentale per l’attraversamento delle montagne è stata l’antica Via Salaria, con tutte le sue varianti, secondo le diverse epoche, che risale da Roma i colli della Sabina, fino a Rieti e l’intera Valle del Velino, al valico di Torrita e percorrere la Valle del Tronto. Per il territorio di Amatrice e per le sue transumanze, la Salaria è stata sempre un punto di riferimento, con tutti i diversi percorsi che ad essa l’hanno collegata. Le transumanze amatriciane hanno avuto da molto tempo la Campagna Romana come meta principale, come pure le zone pastorali di Accumoli e Cittareale, strettamente collegate con Norcia, attraverso i valichi di Forca Canapine e Forca della Civita, luoghi controllati da rocche e castelli.
Se l’Amatriciano per via di transumanze era tributario della Salaria verso Roma, la pastorizia dell’area limitrofa di Montereale era orientata decisamente verso Barete, Pizzoli, Amiterno e il tratturo aquilano per la Puglia: transumanza molto più lunga quindi per quegli armentari. Così come per quelli di Poggio Cancelli e Campotosto, che portavano le loro greggi a Pizzoli e a L’Aquila, per il valico delle Capannelle, dove rimangono i nomi e i resti dell’antico insediamento pastorale stagionale: le capannelle appunto; fatte di pietra a secco, di cui rimangono solo macerie. Un importante tratturello univa poi ai tratturi principali de L’Aquila – per il Tavoliere di Puglia – con quello che percorreva l’intera Valle del Salto, il Cicolano, da Rieti fino a Torano e a Celano. Questo tratturello partiva da Santa Maria di Centurelli, sul Tratturo Magno, passava per le montagne di Lucoli e Tornimparte e scendeva nel Cicolano per la via detta Amiternina, fino a Mercato di Fiamignano. Quel tratturello proseguiva traversando la Valle del Salto a Borgo San Pietro; superava i Monti del Navegna per tracciati aperti nella viva roccia, passando per Rocca Vittiana, Varco Sabino e Valle Cupola, consentendo di arrivare con facilità nella Valle del Turano, a Carsoli e quindi nella Campagna Romana (Roberto Marinelli).
La Carta dei tratturi nella provincia di Aquila del 1935, mostra la città dell’Aquila, da cui prende avvio il tratturo per Foggia, direttamente collegata con Montereale – per la via di Amiterno – e con Leonessa – per la via di Borbona e Posta – oltre che con Antrodoco, Cittaducale e Rieti, attraverso la strada statale 17 dell’Appennino Abruzzese e Apulo Sannitica (Roberto Marinelli).
Mario Ciaralli, nel suo lavoro storico su Cornillo Nuovo, riferisce i ricordi dei vecchi pastori sul tragitto della transumanza lungo la Salaria, da Amatrice fino a Roma, con tutte le scorciatoie o diversioni erbose. I vecchi pastori descrivono la via di Cardito – a Cittaducale – che da Villa Roselli risale i terreni pascolativi del colle di Arpagnano, supera il Valico di Colli Dalotti e riprende il percorso della consolare alle porte di Rieti¹ . Uno dei tanti percorsi alternativi, spesso ricalcati sul tracciato antico della Via Salaria².
La città di Rieti è stata fin dall’antichità luogo di transito e di stanziamento delle greggi transumanti, tra l’Agro Romano e i pascoli abruzzesi, specialmente di Leonessa e Amatrice. Il Massiccio dei Monti Reatini è sempre stato aggirabile con relativa facilità in ogni epoca, attraverso il Valico della Forca di Fuscello ad ovest, scavalcando la dorsale dalla Piana di Leonessa, verso Rivodutri, Poggio Bustone, e Cantalice; oppure seguendo il displuvio, per Morro Reatino, Labro e i Colli sul Velino, fino a Rieti. Erano questi i tracciati che univano la Piana Reatina e Spoleto, per i quali passava, ad esempio, uno dei principali itinerari medioevali di pellegrinaggio, che attraversava l’Europa, da Londra ad Otranto, per la Terra Santa. Si tratta del famoso Iter de Londinio in Terram Sanctam, di cui si conserva una preziosa mappa del 1253, presso la British Library di Londra. Si tratta dell’antico percorso interappenninico, che da Forlì, superato il Passo di Serra, raggiungeva Arezzo, toccando il territorio di Firenze, per seguire quella che era chiamata la Via degli Abruzzi, fino a Napoli³ (Roberto Marinelli).
Non si deve trascurare che la montagna di Amatrice – La Laga – è stata per secoli una delle zone privilegiate di grande pascolo estivo dell’Appennino centrale, insieme ai monti e agli altopiani della Catena del Gran Sasso, della Maiella e dei Sibillini. Restano ancora sui monti cospicui segni della cultura pastorale, come i resti degli stazzi alla forca tra Pizzo di Sevo e Cima Lepri: Iaccio Piano, Iaccio Porcelli, nei pressi delle sorgenti in quota; lo stazzo di Monte Gorzano, e tanti altri (Roberto Marinelli).
La Via di Cima di Monte, tra Leonessa e Rieti, era in passato Il percorso più battuto, seguito persino dal vescovo di Rieti nelle sue visite pastorali, a dimostrazione della sua praticità e della comodità che poteva offrire⁴. Si usciva da Rieti dalla Porta d’Arci, lungo la Via Salaria; si costeggiava la frontiera del Regno per qualche miglio e si imboccava la “Strada Diritta” per il Campo Lugnano, fino al bivio per Villa Franca di Castel Franco, oltre il Colle di San Basilio. Oltrepassato Castel Franco, baluardo pontificio verso il Regno napoletano, ed il confine, attraverso l’abitato di San Nicola, si arrivava al castello di Cantalice. La strada proseguiva sul crinale di sinistra (orografico) del Vallone di Cantalice, fino al Valico di Cima di Monti, a 1.548 metri di quota. Da lì si scendeva lungo la Valle Pagana al “Prato dell’Osteria”, in Vallonina. Seguendo il Fosso del Tascino si arrivava a Leonessa, la ‘porta’ per l’Umbria⁵ (Roberto Marinelli).
In Sabina, più che altrove, si è sempre sostenuto con assoluta leggerezza che tutte le strade portano a Roma: lo sanno bene i pastori di Amatrice e dintorni, che ne hanno battuta ognuna. I territori sabini sono serviti da due assi viari principali, la Via Salaria, che li attraversa per intero, come arteria principale, e la Via Flaminia a occidente, che li lambisce. Il tracciato fondamentale di collegamento tra le due consolari è costituito dalla strada che attraversa i colli della sponda destra del Tevere, da Posso Corese a Terni, unendo Poggio Mirteto Scalo, Cantalupo, Casperia, Vacone, Cottanello, Configni, Lugnola e Stroncone.
È la ex Strada statale 313, oggi strada regionale, che attraversa le valli che si definiscono con il corso in successione di quattro “Laje”, termine locale generico che sta a indicare zone un tempo paludose attraversate dai rispettivi torrenti. Si tratta di un vero intrico topografico, dove i corsi d’acqua si intrecciano, svaniscono in imbuti carsici, per riapparire più lontano a valle; e la toponomastica complica ancor più l’intricata idrografia dell’area pedemontana a occidente dei Monti Sabini (Roberto Marinelli).
La regionale 313 e la statale Salaria, sono collegate a loro volta da un reticolo di strade – costellate di antiche stazioni di posta, luoghi di ricovero e vecchie osterie, a iniziare dai percorsi che hanno fatto capo all’abbazia di Farfa: la Via Farense, che unisce Osteria Nuova, e Toffia, con Montopoli e Poggio Mirteto; e quella parallela di Frasso, Poggio Nativo e Castelnuovo di Farfa. Più a nord c’è la via che unisce le due arterie collegando Ornaro e Montenero (per una mulattiera asfaltata di recente), con Salisano e Poggio Mirteto, dove confluisce anche la via diretta da Rieti, attraverso la Valle Canera, per l’Osteria del Tancia e Poggio Catino (rimasta mulattiera, anche questa, fino a qualche decennio fa). Da Rieti la Salaria e la 313 sono raccordate dalla strada per Contigliano e Cottanello, attraverso il valico di Fonte Cerro. Altri percorsi tra la Piana Reatina e la 313 erano costituiti, in passato, dalle mulattiere che da Contigliano e Greccio, risalgono alle Casette dei Piani di Cottanello – intercettando le strade tratturali dei Piani di Stroncone – per scendere a Castiglione e Configni.
Alcune delle strade principali avevano pure una rete parallela di percorsi tratturali, utilizzati per raccordare i centri limitrofi con le cosiddette vie romane, ossia principali, ma anche per il transito delle greggi nelle transumanze, tra la Tuscia o la Campagna romana e gli altopiani d’Abruzzo. A questo proposito è interessante confrontare il percorso antico della Via Salaria – tra Rieti e Passo Corese, ricostruito dal Persichetti – con quello indicato dal Catasto Gregoriano, dell’inizio del secolo XIX, dove si evidenzia l’esistenza di più itinerari paralleli in tre o quattro tratti. Al tracciato ricostruito dal Persichetti si affianca quello molto prossimo all’attuale “Salaria Vecchia”; e un altro tipo di percorso che è stato in parte ricalcato dalla “Nuova Salaria”. Il rilevamento sul terreno offre poi altre indicazioni, meritevoli di ulteriore approfondimento di analisi.
Tra la Moletta, che fino agli anni Cinquanta stava sul Torrente Ariana, al bivio della Salaria per Belmonte, l’antica Via Salaria risaliva – verso Roma – la sponda sinistra orografica del fosso, dove percorreva il monumentale ponte romano detto del Sambuco, ancora esistente, fino a Ornaro. Già nei primi dell’Ottocento esisteva però anche in questo tratto il tracciato parallelo che ricalcava, non fedelmente, quello dell’attuale “Vecchia Salaria”. Tra Ornaro e Ponte Buita la Salaria antica, secondo il Persichetti, percorreva la via di Poggio San Lorenzo, immersa negli oliveti; e quel tracciato è indicato come “Via Romana” nel Catasto Gregoriano. In quel tratto il catasto ottocentesco riporta pure il tracciato dell’attuale “Vecchia Salaria”, per l’Osteria della Capannaccia ed il bivio per Monteleone Sabino. Esiste però un altro percorso più o meno parallelo: quello della mulattiera che collega ancora oggi Poggio San Lorenzo con Ponte Buida passando per il castello diruto di Capo Farfa (Roberto Marinelli).
NOTE
¹ M. CIARALLI, Il paese dei dotti. Cornillo Nuovo. La storia, le immagini, Roma, Aurelia 72 – 1997.
² R. MARINELLI, Malinconiche dimore. Indagini tra topografia ed etnografia degli insediamenti medievali e pastorali abbandonati dei Monti Reatini ai confini dell’Abruzzo, L’Aquila, Deputazione abruzzese di storia patria, Edizioni Libreria Colacchi 2007.
³ R. STOPANI, Le vie di pellegrinaggio del medioevo. Gli itinerari per Roma, Gerusalemme, Campostella, Firenze, Le Lettere 1991; G. SABATINI e R. SANSA, Tra Abruzzo e Stato della Chiesa: reti viarie, economia e commercio in età moderna, in «Proposte e ricerche», 58, XXX, 2007, pp. 49-64.
⁴ V. DI FLAVIO, I viaggi di Edward Lear e le visite pastorali nel distretto di Cittaducale. Itinerari a confronto, in «Il Territorio», V, 3 (1989), pp. 361-380.
⁵ Ivi; R. MARINELLI, Il Terminillo, storia di una montagna, cit.; G. CAMMERINI – E. FERRI – R. MARINELLI, Terminillo montagna da scoprire. Guida dei Monti Reatini, cit.; cfr. M. ZELLI, Narnate. Storia di un territorio di frontiera tra Spoleto e Rieti dall’VIII al XIII secolo, cit.